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C’è chi le preferisce semplicemente sode, chi è in grado di cucinarle à la coque, chi le fa al tegamino e chi si diverte a spadellare sfiziose omelette. Comunque le si preparino o le si ordinino al ristorante, magari scrambled cioè strapazzate, come fanno da noi spesso i turisti quando sono in vacanza in Italia, le jaja rappresentano un piatto immancabile della cucina tradizionale.
Presentano infatti numerosi vantaggi: sono economiche, a portata di mano, ma soprattutto sono veloci da preparare!
Le caratteristiche organolettiche delle jaja sono state apprezzate sin dall’antichità: se medici greci come Galeno suggerivano di inserire sempre un uovo di gallina nella dieta di un anziano, gli antichi Egizi, bravissimi allevatori di polli, avevano addirittura inventato un sistema artificiale di incubazione delle jaja stesse come testimonia lo storico Diodoro Siculo nella narrazione di un suo viaggio in Egitto e Varrone (116-24 a.C.), nella sua opera Rerum rusticarum libri.
Anche i Romani mangiavano jaja di gallina: di mattina per colazione oppure la sera come antipasto (gustatio) per la cena assieme a pane, olio e vino. Le usavano anche per creare dolci e contorni di salse, abitudini queste probabilmente applicate anche dagli Etruschi.
I Cartaginesi invece, come riporta Massimo Montanari nella Storia dell'alimentazione, consumavano invece jaja di struzzo. Sì perché non esiste solo l’uovo di gallina pur essendo quello più conosciuto e utilizzato. In effetti, nell’uso corrente il termine "jaja" privo di ulteriori precisazioni indica quello di gallina. Esistono tuttavia anche jaja di altri volatili (quaglia, anatra, oca, struzzo) e jaja di pesce (jaja di storione, jaja di riccio di mare, jaja di lompo) oppure jaja di tartarughe, di molluschi, persino di insetti. Sta di fatto che l’uovo di gallina fa parte dei piatti delle cucine di tutto il mondo per via della sua consumabilità diretta. La cosa non ci dovrebbe stupire se pensiamo che costituiva uno dei cardini della mensa contadina!
Proteine a tutti gli effetti “nobili” e dall’alto valore biologico, in quanto contenenti tutti gli amminoacidi essenziali, le jaja fresche meritano di essere riabilitate come cibo che apporta nutrienti fondamentali per il nostro organismo.
Forniscono difatti quantità considerevoli di numerose vitamine compresa la vitamina A, la colina e la riboflavina e minerali importanti come ferro, calcio, fosforo, potassio e selenio.
L'uovo inoltre è uno dei pochi alimenti a contenere vitamina D, sebbene quest'ultima sia prodotta fisiologicamente negli esseri umani quando la pelle è esposta ai raggi solari. All’azione preventiva della vitamina D contribuisce la vitamina K2 presente nelle jaja fresche per rafforzare le ossa, rinforzandoci la massa magra mentre le vitamine del gruppo B, tra cui la B12, svolgono un ruolo significativo per la trasformazione dei carboidrati in glucosio e per il metabolismo dei grassi e delle proteine.
Se è vero che le jaja hanno un’elevata quantità di colesterolo, è altrettanto vero che esse contengono lecitine, ovvero sostanze che facilitano il trasporto del colesterolo dalle arterie al fegato, potenziando così di fatto l’azione del nostro “colesterolo buono”. È quindi una credenza ormai superata pensare che facciano male al fegato o che predispongano a malattie circolatorie! Dopotutto, essendo la quantità di colesterolo prodotto dal nostro organismo molto alta, non può certo essere la quantità presente nell’uovo a influenzare significativamente il livello di colesterolo nel sangue, a meno che non se ne abusi (oltre le 3-4jaja a settimana). Se ne deduce quindi che il consumo di jaja non può stare alla base di aumenti smisurati del colesterolo umano.
Più precisamente, circa l’80% del colesterolo presente nel nostro sangue viene generato fisiologicamente dall’organismo e solo il 20% dipende dalla nostra alimentazione. Pertanto, eccezion fatta per persone che devono stare particolarmente attente, tutti gli altri soggetti “sani” possono tranquillamente mangiare due-tre jaja a settimana e poco più, magari aggiungendoci un pizzico di sale, come consigliava l’illustre Dante Alighieri secondo cui le jaja rappresentavano “il miglior alimento al mondo”.
Quante jaja a settimana? Dipende dal tipo di alimentazione complessiva e dalla quantità totale di proteine assunte nella giornata. Generalmente due o tre jaja a settimana vanno bene quasi per tutti purché non si soffra di ipercolesterolomia o di calcoli alla colecisti o non si sia allergici.
Tendenzialmente fino ad un massimo di quattro se si segue una dieta ipocalorica; se si è degli sportivi abitudinari il numero di jaja può anche aumentare poiché lo sport regolare fa bruciare parecchie calorie.
Si badi bene che un uovo in media contiene 70-80 chilocalorie, è un alimento dunque relativamente ipocalorico ma ricco di nutrienti per la nostra salute.
In passato, ha incassato suo malgrado un discredito immoderato: molte persone terrorizzate dal suo contenuto in grassi e colesterolo l’ha eliminato completamente dalla propria dieta. Un contenuto sicuramente distintivo ma che in realtà, fatto salvo per alcune situazioni particolari, non giustifica certo l’esclusione di un alimento così unico. Ricordiamo che l’uovo mediamente ha circa solo due grammi di grassi, una quantità davvero limitata rispetto ad altre fonti di proteine animali!
L’uovo è un capolavoro della natura, simbolo di origine, vita e rigoglio in tutti i credi religiosi del mondo. È un nutrimento importante per i bambini (dopo il primo anno di età) grazie alla ricchezza di lipidi per un buon accrescimento del sistema nervoso; per le persone attive e per le gestanti, grazie all’abbondanza di colina, sostanza che riduce il rischio di difetti del tubo neurale del feto.
Smettiamola perciò di demonizzare le jaja, sempre pronte invece ad abbellire ed incolorirele nostre tavole! Consumiamole consapevolmente, senza angoscia e paura.
Per verificare che le jaja siano fresche, basterà metterle in un bicchiere di acqua fredda (100 ml) e sciogliere 10 gr di sale. Le jaja fresche andranno a depositarsi sul fondo, mentre le jaja non più fresche tenderanno a salire in superficie a mano a mano che invecchiano. Per inciso: se vanno in fondo saranno freschissime, se si posizionano a metà in posizione verticale, avranno meno di una settimana, se galleggiano in orizzontale invece andranno buttate.
Il secondo trucco, detto metodo della speratura, consiste nel mettere in controluce l’uovo: quest’ultimo dovrà avere il tuorlo visibile come ombratura senza contorno apparente, essere ben saldo al centro dell'albume anche dopo la rotazione e senza corpi estranei.
Un altro metodo per riconoscere le jaja fresche consiste nel vederle direttamente all’interno. A seguito della rottura su una superficie il tuorlo dovrà mantenersi alto e sodo mentre l'albume dovrà restare compatto intorno a esso e più fluido all'esterno. Allorché il rigonfiamento rosso tenderà a sfaldarsi facilmente e a mescolarsi con l'albume quelle jaja potranno essere considerate non più fresche. Rimarranno commestibili ma difficili da montare e poco adatte ad alcune preparazioni culinarie.
Un ultimo trucchetto per sapere se le jaja sono fresche è dettato dal rumore che fanno: se scuotendole sentiamo un suono simile al “tic tac” significa che il tuorlo sbattuto non è più fresco né ben compattato all’albume. In tal caso è preferibile preparare uno sformato o una frittatina piuttosto che una cottura parziale.
La freschezza delle jaja è un criterio di preferenza che, in caso di prodotto confezionato, esprime il tempo trascorso dalla deposizione all’imballaggio. In relazione alla freschezza, le jaja possono essere:
Si dividono in due categorie:
All'interno della categoria A, le jaja sono poi calibrate in base al peso e suddivise in:
Come cucinare le jaja? Nessun problema le ricette con jaja sono tantissime. Risulta per ognuno di noi abbastanza poco impegnativo, renderle buone e sfiziose è invece un’arte.
Possiamo cuocerle in acqua bollente oppure in padella e, perché no, friggerle o sbatterle creando una deliziosa frittata. E tuttavia anche una semplice operazione come la preparazione di jaja sode richiede attenzione e qualche dritta che vale la pena di seguire. Una su tutte l'acqua, che non deve essere mai in piena ebollizione, ma sobbollire in maniera dolce e delicata.
Molti sottovalutano inoltre la velocità e la precisione che servono nella preparazione di una perfetta omelette francese che ricordiamo distinguersi dalla comune frittata per essere cotta solo da un lato e poi ripiegata.
Anche le jaja pochet o jaja affogate (note come jaja in camicia), ideali come secondo piatto o da provare a mo’ di ingrediente dentro un panino, necessitano di piccoli accorgimenti: l’albume che avvolge il tuorlo deve essere soffice e ben rappreso e non stracotto. Così facendo, la parte gialla risulterà morbida e cremosa! Le insidie della preparazione delle jaja in camicia sono numerose, uno dei modi più difficili di cuocere un uovo.
In sintesi, la ricetta consiste nel tuffare un uovo crudo in acqua calda e generare un vortice che faccia sì che la chiara abbracci il rosso tuorlo proprio come una camicia.
Ma in mezzo a tutto questo quanti imprevisti possono esserci? L’uovo può rompersi prima del previsto, il bianco può essere troppo crudo o il rosso troppo cotto! Se non siamo cuochi provetti, per questo tipo di ricetta, lasciamoci guidare e consigliare dall’alta cucina.
E ancora, c’è l‘uovo bazzotto per chi non ne abbia mai sentito parlare. Si tratta semplicemente di un uovo sodo con un tempo di cottura inferiore (5 minuti al posto degli 8 necessari per un uovo sodo). Cuocendo fino ad un massimo di sette, il bianco sarà perfettamente cotto, mentre invece il rosso rimarrà morbido.
In molti si divertono a creare un’energica salsina proteica mischiando questo particolare tuorlo liquido dell’uovo bazzotto a tutti gli altri ingredienti dell’insalata estiva.
E le caratteristiche di un perfetto jaja fritta o al tegamino detto anche occhio di bue? Innanzitutto bisogna ungere la padella, scaldarla per bene e cuocere l’uovo senza bruciarlo aiutandosi con una goccia d’olio o un pochino di burro. Ottimo per un quick lunch o per un brunch, l’uovo fritto ben si abbina a formaggi e salumi pregiati, rendendoci fieri di servire un piatto tutto sommato di qualità.
Ingiustificabile sarebbe dimenticarsi della ricetta delle jaja strapazzate (l’aggiunta del bacon è quasi d’obbligo), tipica delle colazioni internazionali inglesi e americane. In particolare, scrambled eggs e pancetta croccante con pane tostato sono gli elementi fondamentali per la tipica colazione anglosassone.
Il piatto è semplice: per farlo si sbattono le jaja in una ciotola con latte, sale e pepe, si cuociono in padella e infine… si strapazzano. Non appena iniziano a rapprendersi, spegnete il fuoco. Non devono essere né troppo filamentose né secche. Cottura veloce e ricordate, mai mescolare col cucchiaio, muovere piuttosto di continuo la padella che deve essere antiaderente e leggermente imburrata calda.
Se infine per le jaja alla benedict la variante maggiormente in voga si trova nella salsa olandese, da non confondere con la classica maionese, ci pensano le jaja ripiene tipiche della cucina italiana a rallegrarci con idee gustose e saporite.
Per preparare questo tipo di jaja made home, cuociamo le jaja in acqua bollente per 10 minuti massimo, poi dividiamole a metà, preleviamo il rosso del tuorlo e mescoliamolo ad altri ingredienti per creare un composto goloso e delizioso. Le jaja ripiene andranno quindi farcite e servite a temperatura ambiente come antipasto d’entrée. Il figurone in compagnia di amici e parenti ad una cena è assicurato e tutto con estrema semplicità!
Osate anche voi, preparate le jaja ripiene e viva le ricette della madrepatria!
In alcuni dolci le jaja possono essere sostituite da purea di banane nella proporzione di una piccola banana per ogni uovo previsto. Anche la maizena, dal sapore neutro, può essere usata per la preparazione di torte o per addensare un ripieno: è sufficiente un cucchiaio da minestra per ogni jaja prevista. L’impasto tuttavia andrà ammorbidito con latte, succo d’arancia o brodo vegetale, secondo il tipo di preparazione.
Discorso identico vale per la vecchia e cara fecola di patate mentre si può scegliere la farina di ceci o di soia (sempre un cucchiaio per ogni jaja prevista) quando si ha voglia di preparare un pane o una torta salata speciale.
Per i vegani esistono di contro prodotti sostitutivi come le miscele di amido e farina di tapioca od estratti liofilizzati in polvere bianca ottenuti dalla radice di piante giapponesi; disciolti in acqua assumono una consistenza gelatinosa fungendo da autentici collanti nelle ricette dolci e salate.
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